Finalmente una donna alla guida del lavoro. Auguri con tutto il cuore.
"Io penso che questo paese avrà un futuro. E sarà governato dalle donne"
(Erri De Luca)
sabato 27 novembre 2010
sabato 20 novembre 2010
Chi comanda nel partito?
Accogliamo con viva trepidazione e simpatia l'illuminazione che la Carfagna Mara, sulla via di un tramonto annunciato, si accorge che nel suo partito comandano "gli affaristi"... i Verdini, i Larussa... addirittura i Cosentino! La gioia per questa fulminazione è sincera perché Mara pareva essere una delle più fedeli alla linea, al punto di essere sospettata (ingiustamente per l'amor del cielo) di essere dove stava per aver assecondato - e molto - il Cavaliere dalla Penna Dritta (da distinguere accuratamente dal Cavaliere dalla Penna Dura che è schioppato su altra curve).
In prima fila ad attaccarla e ad accusarla di "tradimento", per la cronaca, è la nipotina del Duce, che il partito l'aveva abbandonato per poi tornare a fare il mestiere che ben le si addice, quello del cane da guardia urlante. Siamo in attesa degli strali della seconda ex transfuga ed ex moglie di un chirurgo plastico che è riuscito nell'impresa di rifarla tutta... tranne il cervello...
Ma la gente dove ha la testa a dare il paese in mano a certi soggetti?
In prima fila ad attaccarla e ad accusarla di "tradimento", per la cronaca, è la nipotina del Duce, che il partito l'aveva abbandonato per poi tornare a fare il mestiere che ben le si addice, quello del cane da guardia urlante. Siamo in attesa degli strali della seconda ex transfuga ed ex moglie di un chirurgo plastico che è riuscito nell'impresa di rifarla tutta... tranne il cervello...
Ma la gente dove ha la testa a dare il paese in mano a certi soggetti?
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sabato 13 novembre 2010
Aiutiamo insieme tutte le Sakineh e le Asia Bibi…
La "cultura" maschilista ha migliaia di anni di pratica.
E chi pratica affina la teoria.
Chi conosce la storia dell'umanità - anche quella "di superficie" insegnata nelle scuole - sa che, in ogni epoca e in ogni parte della Terra, il potere non viene semplicemente esercitato per il proprio "benessere" momentaneo, ma costruisce le strutture stesse della sua perpetuazione con il fine di far durare in eterno questo "benessere".
Questo, prima ancora che per le classi sociali, vale per i generi.
Di queste strutture - semplificando - se ne possono distinguere tre macrotipi:
- "economia", cioè costruzione di cicli produttivi e di una organizzazione del lavoro che privilegino sempre una parte della società, escludendo l'altra e costringendola alla schiavitù sociale attraverso la dipendenza economica;
- "regole", cioè imposizione di leggi, regolamenti, editti, anatemi, فتاوى e chi più ne ha più ne metta… che interdicano comportamenti sociali e personali che, ove praticati, mettano in discussione la legittimità stessa dell'organizzazione dell'economia e della società;
- "ideologia", vera cornice del quadro e insieme la sua sostanza storica. Questa è strutturata ad un livello più profondo (ormai quasi subliminale) per offrire una base diffusa e unanimistica di "consenso" a tutto il castello sociale e "legalizzare" nella mente di tutti e ciascuno i "valori" di una società, emarginando chi si fa portatore di valori "pericolosi" per l'ordine sociale.
Perché il giochino funzioni è però necessario che i ruoli di controllo siano più "penetranti" e diffusi. Non bastano tribunali e polizie, è necessario che i controllori dell'ordine sociale siano le vittime stesse di questo ordine e siano dislocati in ogni quartiere, in ogni casa, in ogni scuola, in ogni circolo e chiesa...
In una parola: chi ha il potere lo esercita soprattutto controllando in ogni dove la società, imponendo - talvolta con la forza brutale e talvolta con il viso d'angelo - le strutture e le regole di quella società e istituzionalizzando così il proprio "diritto".
La prima preoccupazione di chi governa il mondo - come dice sempre una mia carissima amica e come appare chiaro a ogni persona di buon senso - è la vessazione delle donne.
Ma lo scopo? Suggerirei - sempre con la mia amica e le succitate persone di buon senso - che il fine "tattico" è quello di impadronirsi delle esistenze delle donne fino a ridurle in schiavitù per consegnarle all'uomo di turno cosicché possa sfogare sulla sua individuale "compagna" la sua frustrazione per l'oppressione a cui egli stesso è sottoposto dal potere.
Cosa che moltissimi uomini fanno quotidianamente e senza farsi troppe domande sull'origine di quello che finiscono per considerare appunto un "diritto", assecondando l'obiettivo strategico della conservazione dell'ordine sociale e del potere maschile dominante contro le donne e chiunque altra/o prefiguri un ordine sociale (ed umano) "altro" e pericoloso.
Però ogni maschio (e uomo) che abbia nel cuore amore per l'umanità (in cui ogni nostra vita si specchia), e anche solo per sè stesso, dovrebbe avere chiaro che il ruolo di miserabile potere che il potere vero gli assegna è una pillola dorata di vergognosa gratificazione che nasconde - in realtà - la codificazione ad perpetuum della sua stessa schiavitù al potere.
A noi maschi dovrebbe dunque essere chiaro che assumere e riprodurre questo ruolo facendosi "padroni delle donne" significa proprio diventare degli schiavi!
Allora non si può che raccogliere l'appello e stare dalla parte delle donne che oggi vengono massacrate nella società, sul lavoro e spesso nella loro stessa cerchia familiare…
Ricordate: economia, leggi, ideologia...
E, a nostra volta, fare appello anche alle donne.
Aiutateci a crescere vicino a voi. E fatelo anche contrastando la penetrazione dell'ideologia del potere tra di voi, con dolcezza ma anche con decisione. Il potere maschilista che impone quel ruolo, offrendo alcune briciole di gratificazione personale a chi è disponibile a farsi ancella dei potenti (e traditrice della propria condizione di genere) senza puntare i piedi, non potrà niente se le madri, le amiche, i padri, gli amici, le donne e gli uomini insieme si ribelleranno e diventeranno insieme liberi.
Naturalmente è superfluo dire che le donne che hanno massacrato di botte Asia Bibi e poi l'hanno consegnata al potere maschile perché "finisca il lavoro" sono solo la longa manus dei maschi che le hanno private dell'identità mascherandole alla luce del mondo e che continuano a detenere il potere e a sostenerlo con l'ideologia e il bastone.
Naturalmente è superfluo dire che le donne cadute in questo terrificante tramaglio sono dunque anch'esse vittime perché la rete ha maglie fitte ed è molto facile restarci imbrigliate e perché il potere ha a disposizione molti e variegati strumenti, tra cui spiccano la paura e la violenza.
Ma non è superfluo dire che prese di posizione decise da parte delle donne per "disarmare" quelle mani sarebbero utilissime anche agli uomini che vogliono contribuire all'affrancamento delle donne (e anche di sè stessi) dalla schiavitù.
Con voi vicine e solidali qualcosa possiamo finalmente fare anche noi uomini, "smarcandoci" e combattendo nelle fila del nostro genere quelle struttura e sovrastruttura maschiliste del potere per rimettere in circolo energie che possano condurre a quella umanità libera in cui la distinzione di genere sia fonte di reciproca di curiosità e ricchezza, di gioia e piacere simili a quelle che ogni essere umano ha quando si ferma ad ammirare, la bellezza, la varietà e le diversità del nostro mondo.
Qualcosa, finalmente e concretamente, che ci aiuterà a liberarci definitivamente - senza paura di ricadute - e in profondità al ruolo per vivere davvero da esseri umani liberi.
E chi pratica affina la teoria.
Chi conosce la storia dell'umanità - anche quella "di superficie" insegnata nelle scuole - sa che, in ogni epoca e in ogni parte della Terra, il potere non viene semplicemente esercitato per il proprio "benessere" momentaneo, ma costruisce le strutture stesse della sua perpetuazione con il fine di far durare in eterno questo "benessere".
Questo, prima ancora che per le classi sociali, vale per i generi.
Di queste strutture - semplificando - se ne possono distinguere tre macrotipi:
- "economia", cioè costruzione di cicli produttivi e di una organizzazione del lavoro che privilegino sempre una parte della società, escludendo l'altra e costringendola alla schiavitù sociale attraverso la dipendenza economica;
- "regole", cioè imposizione di leggi, regolamenti, editti, anatemi, فتاوى e chi più ne ha più ne metta… che interdicano comportamenti sociali e personali che, ove praticati, mettano in discussione la legittimità stessa dell'organizzazione dell'economia e della società;
- "ideologia", vera cornice del quadro e insieme la sua sostanza storica. Questa è strutturata ad un livello più profondo (ormai quasi subliminale) per offrire una base diffusa e unanimistica di "consenso" a tutto il castello sociale e "legalizzare" nella mente di tutti e ciascuno i "valori" di una società, emarginando chi si fa portatore di valori "pericolosi" per l'ordine sociale.
Perché il giochino funzioni è però necessario che i ruoli di controllo siano più "penetranti" e diffusi. Non bastano tribunali e polizie, è necessario che i controllori dell'ordine sociale siano le vittime stesse di questo ordine e siano dislocati in ogni quartiere, in ogni casa, in ogni scuola, in ogni circolo e chiesa...
In una parola: chi ha il potere lo esercita soprattutto controllando in ogni dove la società, imponendo - talvolta con la forza brutale e talvolta con il viso d'angelo - le strutture e le regole di quella società e istituzionalizzando così il proprio "diritto".
La prima preoccupazione di chi governa il mondo - come dice sempre una mia carissima amica e come appare chiaro a ogni persona di buon senso - è la vessazione delle donne.
Ma lo scopo? Suggerirei - sempre con la mia amica e le succitate persone di buon senso - che il fine "tattico" è quello di impadronirsi delle esistenze delle donne fino a ridurle in schiavitù per consegnarle all'uomo di turno cosicché possa sfogare sulla sua individuale "compagna" la sua frustrazione per l'oppressione a cui egli stesso è sottoposto dal potere.
Cosa che moltissimi uomini fanno quotidianamente e senza farsi troppe domande sull'origine di quello che finiscono per considerare appunto un "diritto", assecondando l'obiettivo strategico della conservazione dell'ordine sociale e del potere maschile dominante contro le donne e chiunque altra/o prefiguri un ordine sociale (ed umano) "altro" e pericoloso.
Però ogni maschio (e uomo) che abbia nel cuore amore per l'umanità (in cui ogni nostra vita si specchia), e anche solo per sè stesso, dovrebbe avere chiaro che il ruolo di miserabile potere che il potere vero gli assegna è una pillola dorata di vergognosa gratificazione che nasconde - in realtà - la codificazione ad perpetuum della sua stessa schiavitù al potere.
A noi maschi dovrebbe dunque essere chiaro che assumere e riprodurre questo ruolo facendosi "padroni delle donne" significa proprio diventare degli schiavi!
Allora non si può che raccogliere l'appello e stare dalla parte delle donne che oggi vengono massacrate nella società, sul lavoro e spesso nella loro stessa cerchia familiare…
Ricordate: economia, leggi, ideologia...
E, a nostra volta, fare appello anche alle donne.
Aiutateci a crescere vicino a voi. E fatelo anche contrastando la penetrazione dell'ideologia del potere tra di voi, con dolcezza ma anche con decisione. Il potere maschilista che impone quel ruolo, offrendo alcune briciole di gratificazione personale a chi è disponibile a farsi ancella dei potenti (e traditrice della propria condizione di genere) senza puntare i piedi, non potrà niente se le madri, le amiche, i padri, gli amici, le donne e gli uomini insieme si ribelleranno e diventeranno insieme liberi.
Naturalmente è superfluo dire che le donne che hanno massacrato di botte Asia Bibi e poi l'hanno consegnata al potere maschile perché "finisca il lavoro" sono solo la longa manus dei maschi che le hanno private dell'identità mascherandole alla luce del mondo e che continuano a detenere il potere e a sostenerlo con l'ideologia e il bastone.
Naturalmente è superfluo dire che le donne cadute in questo terrificante tramaglio sono dunque anch'esse vittime perché la rete ha maglie fitte ed è molto facile restarci imbrigliate e perché il potere ha a disposizione molti e variegati strumenti, tra cui spiccano la paura e la violenza.
Ma non è superfluo dire che prese di posizione decise da parte delle donne per "disarmare" quelle mani sarebbero utilissime anche agli uomini che vogliono contribuire all'affrancamento delle donne (e anche di sè stessi) dalla schiavitù.
Con voi vicine e solidali qualcosa possiamo finalmente fare anche noi uomini, "smarcandoci" e combattendo nelle fila del nostro genere quelle struttura e sovrastruttura maschiliste del potere per rimettere in circolo energie che possano condurre a quella umanità libera in cui la distinzione di genere sia fonte di reciproca di curiosità e ricchezza, di gioia e piacere simili a quelle che ogni essere umano ha quando si ferma ad ammirare, la bellezza, la varietà e le diversità del nostro mondo.
Qualcosa, finalmente e concretamente, che ci aiuterà a liberarci definitivamente - senza paura di ricadute - e in profondità al ruolo per vivere davvero da esseri umani liberi.
sabato 6 novembre 2010
Di cosa si nutrono le carogne?
Tale Marco Zucchetti, di mestiere pennivendolo di casa Berlusconi, già distintosi per articoli del genere: "Il nuovo «business» della Cgil? Basta metalmeccanici ecco rom e serbi", "Silvio amato dai vip del mondo mentre in Italia la sinistra rosica", "Il poeta Vendola ha cambiato "eroe": da Carlo Giuliani a Fini" e altre perle che chi ha tempo da perdere (come me) può andarsi a leggere sul sito de Il Giornale vuole una medaglietta in più e pubblica un articolo in cui attacca nel tradizionale modo carognesco nientemeno che padre Alex Zanotelli.
L'articolo in questione - di cui non metto il link perchè certa merda non va linkata mai - ha per titolo "Nella sfida tra esagitati tv padre Zanotelli batte Lerner" ed è una tale accozzaglia di vergogne che lascio la parola a chi più di me conosce l'argomento.
Riprendo dunque (copio/incollo) la lettera di don Renato Sacco, di Pax Christi, che offre una lezioncina di civiltà all'incauto pennivendolo e che così recita:
Caro sig. Marco Zucchetti,
ho letto il suo articolo su il Giornale del 27 ottobre 2010: ‘Nella sfida tra esagitati tv padre Zanotelli batte Lerner’.
Le scrivo non per entrare nel merito dei contenuti (smaltimento rifiuti in Campania, ecc). E neanche per prendere le difese d’ufficio di padre Alex Zanotelli o di Gad Lerner. Le ritengo persone che sanno essere al di sopra di un certo modo di scrivere, e non hanno certo bisogno di essere difese da me.
Trovo, infatti, il suo articolo davvero disgustoso, soprattutto per i toni usati nei confronti delle persone. Mi sembra davvero poco educato il suo scrivere di padre Zanotelli, sottolineando il suo… abbigliamento. Già abbiamo visto screditare il lavoro di una persona, un giudice di Milano, a partire dal colore dei calzini. Nel suo articolo p. Zanotelli viene quasi ridicolizzato perchè indossa una “camicia hawaiana degna di magnum P.I in gita al King Kamehameha Club, pashmina arcobaleno, anello monumentale al dito…”
Forse lei non sa che p. Zanotelli, che continua ad essere missionario e non ‘ex’ come lei ha scritto, ha vissuto per circa 10 anni nella baraccopoli di Korogocho, alla periferia di Nairobi. Non credo che Lei ci sia mai andato. Io ci sono stato solo una settimana, e Le assicuro che è una situazione da girone infernale. La camicia che p. Alex indossa non è hawaiana ma… è realizzata da una cooperativa di donne proprio della baraccopoli in cui lui ha vissuto. Almeno per questo meriterebbe un po’ più di rispetto, non crede? E anche il ‘monumentale anello’ è il patto di fedeltà ai popoli indigeni. Portare un anello così è un grande impegno per una persona, non un motivo su cui scherzare.
P. Zanotelli, attualmente direttore della rivista Mosaico di pace, a cui anch’io collaboro, promossa da Pax Christi, ha tutta la nostra stima e la nostra riconoscenza per la sua costante, coerente e coraggiosa testimonianza. Dalla parte degli ultimi.
Mi spiace che, come avviene sempre più spesso, invece di affrontare le questioni… si affrontino le persone, magari mettendole in ridicolo per spegnerne la forza profetica e di testimonianza, riducendole, come lei dice, a ‘esagitati’.
Distinti saluti,
don Renato Sacco
Bravo don Sacco, hai detto quello che hanno nel cuore le persone che sanno quale sia il lavoro e la partecipazione alle sofferenze di moltissimi uomini di religione, quotidiano, costante, faticosissimo... mentre il tuo padrone - Zucchetti zuccone! - si compra e si spupazza povere ragazzine vittime davanti agli occhi dell'inamovibile elettorato moderato!
Meditare è il minimo che si possa fare!
L'articolo in questione - di cui non metto il link perchè certa merda non va linkata mai - ha per titolo "Nella sfida tra esagitati tv padre Zanotelli batte Lerner" ed è una tale accozzaglia di vergogne che lascio la parola a chi più di me conosce l'argomento.
Riprendo dunque (copio/incollo) la lettera di don Renato Sacco, di Pax Christi, che offre una lezioncina di civiltà all'incauto pennivendolo e che così recita:
Caro sig. Marco Zucchetti,
ho letto il suo articolo su il Giornale del 27 ottobre 2010: ‘Nella sfida tra esagitati tv padre Zanotelli batte Lerner’.
Le scrivo non per entrare nel merito dei contenuti (smaltimento rifiuti in Campania, ecc). E neanche per prendere le difese d’ufficio di padre Alex Zanotelli o di Gad Lerner. Le ritengo persone che sanno essere al di sopra di un certo modo di scrivere, e non hanno certo bisogno di essere difese da me.
Trovo, infatti, il suo articolo davvero disgustoso, soprattutto per i toni usati nei confronti delle persone. Mi sembra davvero poco educato il suo scrivere di padre Zanotelli, sottolineando il suo… abbigliamento. Già abbiamo visto screditare il lavoro di una persona, un giudice di Milano, a partire dal colore dei calzini. Nel suo articolo p. Zanotelli viene quasi ridicolizzato perchè indossa una “camicia hawaiana degna di magnum P.I in gita al King Kamehameha Club, pashmina arcobaleno, anello monumentale al dito…”
Forse lei non sa che p. Zanotelli, che continua ad essere missionario e non ‘ex’ come lei ha scritto, ha vissuto per circa 10 anni nella baraccopoli di Korogocho, alla periferia di Nairobi. Non credo che Lei ci sia mai andato. Io ci sono stato solo una settimana, e Le assicuro che è una situazione da girone infernale. La camicia che p. Alex indossa non è hawaiana ma… è realizzata da una cooperativa di donne proprio della baraccopoli in cui lui ha vissuto. Almeno per questo meriterebbe un po’ più di rispetto, non crede? E anche il ‘monumentale anello’ è il patto di fedeltà ai popoli indigeni. Portare un anello così è un grande impegno per una persona, non un motivo su cui scherzare.
P. Zanotelli, attualmente direttore della rivista Mosaico di pace, a cui anch’io collaboro, promossa da Pax Christi, ha tutta la nostra stima e la nostra riconoscenza per la sua costante, coerente e coraggiosa testimonianza. Dalla parte degli ultimi.
Mi spiace che, come avviene sempre più spesso, invece di affrontare le questioni… si affrontino le persone, magari mettendole in ridicolo per spegnerne la forza profetica e di testimonianza, riducendole, come lei dice, a ‘esagitati’.
Distinti saluti,
don Renato Sacco
Bravo don Sacco, hai detto quello che hanno nel cuore le persone che sanno quale sia il lavoro e la partecipazione alle sofferenze di moltissimi uomini di religione, quotidiano, costante, faticosissimo... mentre il tuo padrone - Zucchetti zuccone! - si compra e si spupazza povere ragazzine vittime davanti agli occhi dell'inamovibile elettorato moderato!
Meditare è il minimo che si possa fare!
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venerdì 5 novembre 2010
La prima vittima della guerra...
La prima vittima della guerra sono io. La prima vittima della guerra è la poesia e l'umanità. La mia storia è questa qui, consegnata alla storia in breve, ma quel breve è tutta la mia vita, che vi assicuro è stata assai intensa assai.
Marco Anneo Lucano (Cordova, 3 novembre 39 – Roma, 30 aprile 65) è stato un poeta romano. Figlio di Marco Anneo Mela, era nipote di Lucio Anneo Seneca e, grazie all'influenza dello zio, entrò alla corte di Nerone, in onore del quale proclamò, in una gara poetica di cui risultò vincitore, le Laudes Neronis.
Fu questo il periodo più lucente della vita di Lucano. Il suo poema, la Pharsalia (ma nei manoscritti è intitolato Bellum civile, "La guerra civile") fu anche acclamato.
Le sorti del poeta, tuttavia, mutarono radicalmente quando cadde in disgrazia presso l'imperatore. Le cause di tale mutamento nei rapporti fra i due non sono chiare. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che i motivi risiedessero in un risentimento personale; altri vi hanno visto una logica conseguenza del precedente allontanamento dello zio Seneca; altri ancora hanno imputato la causa principale alla posizione filorepubblicana assunta da Lucano nella sua opera.
Nel 65 Lucano prese anche parte alla congiura di Pisone. Quando essa venne scoperta, egli fu costretto al suicidio a soli 25 anni, nonostante gli fosse stata promessa l'immunità in cambio della denuncia della madre; suo padre fu proscritto e sua madre riuscì a fuggire da Roma. Alla sua vedova, Polla Argentaria, Stazio dedicò una delle Silvae.
Marco Anneo Lucano (Cordova, 3 novembre 39 – Roma, 30 aprile 65) è stato un poeta romano. Figlio di Marco Anneo Mela, era nipote di Lucio Anneo Seneca e, grazie all'influenza dello zio, entrò alla corte di Nerone, in onore del quale proclamò, in una gara poetica di cui risultò vincitore, le Laudes Neronis.
Fu questo il periodo più lucente della vita di Lucano. Il suo poema, la Pharsalia (ma nei manoscritti è intitolato Bellum civile, "La guerra civile") fu anche acclamato.
Le sorti del poeta, tuttavia, mutarono radicalmente quando cadde in disgrazia presso l'imperatore. Le cause di tale mutamento nei rapporti fra i due non sono chiare. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che i motivi risiedessero in un risentimento personale; altri vi hanno visto una logica conseguenza del precedente allontanamento dello zio Seneca; altri ancora hanno imputato la causa principale alla posizione filorepubblicana assunta da Lucano nella sua opera.
Nel 65 Lucano prese anche parte alla congiura di Pisone. Quando essa venne scoperta, egli fu costretto al suicidio a soli 25 anni, nonostante gli fosse stata promessa l'immunità in cambio della denuncia della madre; suo padre fu proscritto e sua madre riuscì a fuggire da Roma. Alla sua vedova, Polla Argentaria, Stazio dedicò una delle Silvae.
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